[L'articolo è tratto dalla Dispensa Didattica del Corso FAD 50 crediti ECM Disprassie, disturbi del linguaggio e delle funzioni esecutive: dalla valutazione al trattamento]
Una valutazione scrupolosa e approfondita dei disturbi del linguaggio in età evolutiva è importantissima, poiché spesso un disturbo del linguaggio è solo la punta dell'icerberg di un problema più profondo e rappresenta il più delle volte il primo campanello di allarme riconoscibile dal genitore. Per questo motivo le richieste di consulenza per problemi dello sviluppo del linguaggio sono frequenti e numerose e possono assumere caratteristiche molto varie: un bambino che parla poco, o in modo poco comprensibile, o che a sua volta non comprende il linguaggio parlato, che si chiude in se stesso o è a disagio con altri bambini. Talvolta la difficoltà è transitoria, altre volte è invece persistente.
A fronte di tante diverse classificazioni nosografiche, clinici e ricercatori sono concordi nell'individuare nelle capacità di comprensione verbale l’elemento decisivo per orientare tempi e modi della presa in carico. Dorothy Bishop (2002) ha ulteriormente ampliato lo sguardo, suggerendo di adottare la comprensione linguistica come discriminante per orientare l’intero percorso diagnostico per tutti i bambini che afferiscono ai servizi, anche in assenza di evidenti problematiche nel linguaggio espressivo verbale, poiché spesso potrebbero nascondere altri problemi di comunicazione che l’autrice definisce “latenti”. A tal fine ha proposto un albero decisionale al cui apice si colloca la valutazione della comprensione verbale, portando, man a mano che si procede, a escludere o ad accogliere le diverse ipotesi diagnostiche.
Appare dunque evidente che delle tante possibili aree oggetto di indagine, la valutazione della comprensione del linguaggio orale riveste un ruolo primario in età evolutiva, e non dovrebbe mai essere persa di vista qualunque sia l’età del bambino, la problematica manifestata o i comportamenti apparenti (che potrebbero deporre sia a favore sia contro le effettive capacità del bambino). Valutare la comprensione verbale è compito non facile, soprattutto in alcune fasi evolutive, e talvolta risente della scarsa collaborazione del bambino. A tale proposito la Bishop mette in guardia il clinico: è infatti lecito ipotizzare che il bambino non collabori a causa di problemi di comportamento o emotivi, ma è altrettanto lecito supporre che tali problematiche siano conseguenza della frustrazione e del disagio che scaturiscono dalle sue limitate capacità di comprensione linguistica. Per questa ragione suggerisce, in assenza di dati certi, di portare avanti l’indagine diagnostica supponendo la presenza di una difficoltà nella comprensione verbale, salvo escluderla poi in un secondo momento.Un criterio fondamentale per orientarsi sulla scelta delle prove valutative, da somministrare in base al criterio imprescindibile suggerito dalla Bishop che la valutazione della comprensione verbale rappresenti il primo passo di ogni percorso diagnostico e non possa essere in alcun caso tralasciata, è quello di tener conto di specifiche fasi evolutive critiche:
tra i 16 e i 24 mesi. Difficilmente i bambini giungono ad un percorso diagnostico prima di quest’età, a meno che non siano presenti fin da subito quadri clinici specifici o evidenti deficit di sviluppo. Intorno all'anno e mezzo, se le prime parole tardano a fare la loro comparsa, il genitore comincia a preoccuparsi e non è più troppo raro che chieda una consulenza su iniziativa personale o suggerimento del pediatra;
tra i 24 e i 36 mesi. In questa seconda fase evolutiva le diverse componenti del linguaggio verbale cominciano a crescere e a integrarsi: il vocabolario si arricchisce e l’espressione orale assume forme via via più articolate;
tra i 3 e i 5 anni. Il linguaggio infantile raggiunge un buon livello formale, la competenza si consolida e si stabilizza, permettendo al bambino di raffinarne l’uso fino a rendere possibile, alle soglie dell’ingresso alla scuola primaria, il transito dal linguaggio come strumento di comunicazione al linguaggio come oggetto di riflessione e di manipolazione, aprendo la strada anche ai futuri apprendimenti della lingua scritta.
Per un’osservazione diretta del bambino nel corso delle due prime fasi evolutive critiche per l’acquisizione di competenze recettive-espressive (quelle tra i 16 e i 24 mesi e tra i 24 e 36 mesi) il test PinG – Parole in gioco (Bello et al., 2011), di recente pubblicazione, consente di raccogliere informazioni sul lessico compreso e utilizzato relativo sia ai nomi che ai predicati, dei bambini con livello di sviluppo comunicativo e linguistico compreso tra i 19 e i 37 mesi di età. Il test riesce a catturare l’interesse anche dei bambini più piccoli grazie al materiale costituito da fotografie che, a differenza di un libro di immagini, possono essere
manipolate, attirando maggiormente l’interesse dei bambini; esse facilitano inoltre la denominazione di parole le cui rappresentazioni sottostanti non sono ancora stabilizzate. Il materiale è organizzato in due sub-test:
Comprensione nomi e Produzione nomi: comprendono ciascuno 60 fotografie divise in venti triplette (più due triplette pre-test), raffiguranti oggetti relativi alle seguenti categorie semantiche: di uso familiare; abbigliamento; mobili; stanze e oggetti della casa; animali; all’aperto e posti dove andare; cibo e bevande; veicoli e giocattoli;
Comprensione predicati e Produzione predicati: comprendono ciascuno 60 fotografie divise in venti triplette (più due triplette pre-test) raffiguranti azioni, aggettivi e qualità, avverbi. I quattro sub-test sono indipendenti e non è obbligatorio proporli insieme.
Il test permette l’identificazione e la valutazione di bambini che presentano un ritardo o disturbo di linguaggio specifico e/o la descrizione del profilo linguistico di bambini con disordini di linguaggio associati a deficit sensoriali o cognitivi. Con PinG è possibile riconoscere i processi di organizzazione del lessico, in comprensione e produzione, l’accuratezza con cui le parole sono pronunciate e l’adeguatezza delle risposte. Permettendo di effettuare una valutazione dell’ampiezza e composizione del primo vocabolario del bambino. Un altro test che si propone di valutare, attraverso figure colorate, la comprensione linguistica nei bambini nella terza fase evolutiva critica è il TFL – Test Fono-Lessicale (Vicari, Marotta e Luci, 2007), che misura il livello di sviluppo comunicativo e linguistico compreso tra i 3 e 6 anni di età. Il TFL è uno strumento di misurazione sensibile e accurato, costruito e standardizzato sulla popolazione italiana (500 soggetti) e di facile e rapida applicazione in diversi contesti (a scuola, in ambito clinico, nei consultori), e può essere quindi utilizzato da tutti gli operatori che a vario titolo si occupano delle difficoltà evolutive del linguaggio (psicologi, neuropsichiatri infantili, pediatri, logopedisti, ecc.). Si tratta di un test innovativo e particolarmente efficace, che per primo riporta i dati normativi relativi anche agli errori commessi dai bambini e alle strategie utilizzate per recuperare le etichette lessicali, consentendo così già in età precoce un corretto inquadramento clinico dell'evoluzione del vocabolario del bambino e di indirizzare al meglio l'intervento di recupero. Gli autori sottolineano di aver cercato di aumentare la sensibilità del test alle peculiarità della lingua italiana, in particolare in modo da poter valutare l’effetto della presenza di distrattori semantici e fonologici (in comprensione) e l’eventuale vantaggio che il bambino può trarre con una facilitazione di tipo semantico o fonetico nella prestazione (in produzione), informazioni, queste, che possono rappresentare una fondamentale indicazione terapeutica una volta che si avvii il trattamento della disabilità così diagnosticata. Il Test Fono-Lessicale utilizza gli stessi stimoli (45 tavole contenti figure colorate) per valutare sia la comprensione che la produzione lessicale: valutare le due diverse capacità cognitive (comprensione e produzione) al fine di ridurre una parte della variabilità dei risultati ottenuti dai bambini nelle due prove (prova di comprensione lessicale e prova di produzione lessicale), consentendo ad avviso degli autori una valutazione più accurata non solo nei bambini a sviluppo tipico, ma anche in quelli a sviluppo “atipico”, capace di descrivere maggiormente aree di forza e di debolezza nelle conoscenze lessicali del bambino. Infine, un test che permette di valutare la capacità di comprensione del linguaggio verbale, in particolar modo delle strutture grammaticali, nella fase di stabilizzazione del linguaggio, cioè dai 4 anni in poi, è il TROG-2 di Dorothy Bishop (2009; edizione italiana di Suraniti, Ferri e Neri). Dal punto di vista formale, infatti, questa è la fase in cui il linguaggio assume più chiaramente le caratteristiche dell’espressione adulta: i suoni sono per lo più ben articolati, le semplificazioni delle strutture fonologiche delle parole si fanno sempre più occasionali e il bambino è in grado di comunicare in modo efficace attraverso un adeguato controllo della morfologia e della sintassi. La valutazione delle capacità di elaborazione e uso delle strutture sintattiche rappresenta un indicatore importante, e il TROG-2 permette di valutare la comprensione dei contrasti grammaticali indicati dai suffissi, dalle parole funzionali e dall’ordine delle parole. Il test ha il vantaggio di essere normalizzato per soggetti da 4 anni in poi (bambini, ragazzi, adolescenti, adulti e anziani) con un campione in lingua italiana abbastanza recente (anni 2007-2008) e con tempi di somministrazione individuale rapidi (10’-20’). Il test si avvale di un vocabolario limitato e semplice di sostantivi, verbi e aggettivi e permette di affermare se esiste una difficoltà specifica con le strutture grammaticali o se è presente un problema più generale, quindi si presta adeguatamente alla valutazione di una serie di gruppi clinici, incluse persone con disturbi specifici di linguaggio, disturbi specifici di apprendimento, ipoacusie, ritardo mentale, afasia. Il test è composto da 80 item e si articola in diversi sub-test riferiti a specifici contrasti grammaticali e composti ciascuno da 4 item. I sub-test sono disposti con difficoltà crescente e la prova è interrotta quando si falliscono 5 sub-test consecutivi. Il sub-test si ritiene superato con successo se tutti gli item sono completati correttamente. Il test può essere utilizzato da diverse tipologie di professionisti che si occupano di problemi di linguaggio: logopedisti, terapisti, tecnici delle riabilitazione, psicologi, educatori, insegnanti
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